lunedì 31 ottobre 2011

Parto Fisiologico: quando il parto è come un sentiero di montagna, percorso in coppia nel rispetto dei tempi della mamma e del bambino.


Come ho detto nel post del 1 ottobre, allora avevo risolto il conflitto del voglio partorire/non voglio partorire perché mi sentivo serena. 

Due giorni dopo infatti, il 3 ottobre intorno alle 17, alla fine di un sonnellino pomeridiano, sollevandomi dal letto ho sentito una fitta al basso ventre che ricordava uno strappo e subito dopo una perdita. Nel mentre che verificavo di cosa si trattava in modo da decidere se chiamare,oppure no il babbo per farmi portare in ospedale, un rivolo caldo e inarrestabile scivola tra le mie gambe. 

Ok- mi sono detta- ho risolto i miei dubbi, ho rotto le membrane ed è il caso di andate in ospedale!

Nell’attesa dell’arrivo del papà, faccio una doccia calda per stimolare l’ossitocina e l’arrivo delle contrazioni, verifico la borsa e scelgo qualcosa da indossare al momento e che sia pratico da mettere anche alle dimissioni. La testa del mio amore si affaccia in camera, ci scambiamo un sorriso commosso e partiamo verso la grande avventura.

Arrivati al pronto soccorso l’accettazione è immediata e mi portano direttamente al blocco parto per fare il tracciato e la terapia antibiotica. Dal Cardiotoccografo (ctg) risulta che non ci sono contrazioni rilevanti, ed infatti sento solo indolenzimento però, avendo perso le acque, mi ricoverano e mi fanno l’antibiotico. Comincia l’attesa. Un attesa fatta di confidenze, di sensazioni descritte e di sogni svelati e aspettative.

Intorno alle due del mattino rifacciamo il tracciato e la visita, mio marito è con me ogni istante e dato che si rivelano variazioni poco importanti nella durata delle contrazioni e delle pause, lascio che la mia metà vada a casa a riposare qualche ora ed io, fatta la terza doccia calda, mi corico con qualche dolorino che mi mette in dormiveglia tra una pausa e l’altra fino alle 4-4.30, dove sento l’esigenza di chiamare l’ostetrica per avvertirla che le doglie sono più forti benché ancora sopportabili. Mi accompagna a fare un altro ctg e dalla visita finalmente mi dicono che il collo si è appianato e che c’è una dilatazione di 2cm c.a. 

Si, allora il mi coorpo sta facendo il suo dovere, questo mi ricarica di ottimismo. 

L’ostetrica mi dice di pazientare ancora e mi rimetto a letto a dormi-vegliare fino alle 7, ora in cui richiamo l’ostetrica per rifare il tracciato e al contempo arriva anche mio marito. Grazie al cielo c’è lui ad aiutarmi a percorrere quel corridoio. Ogni tre passi mi devo fermare, sostenuta dal maritino o appoggiata alla parete impossibilitata dalle contrazioni a proseguire la marcia.

Questa volta ci fanno accomodare in camera travaglio per il tracciato. Io continuo a muovermi come un’anima in pena per sopportare i dolori fino a che trovo la mia posizione, sdraiata sul fianco stringo la mano del babbo. Il travaglio attivo è cominciato! Il tempo non esiste più, non so quanti minuti o ore sono passano quando mi chiamano e mi visitano, l’ostetrica conferma che la dilatazione è arrivata a 8cm e consiglia di farmi una doccia calda di una ventina di minuti, per terminare il percorso che porta alla fase espulsiva. Ad occuparsi di me il mio amore che mi passa l'acqua calda sul corpo mentre io ho i premiti e desidero solo assecondare l’impulso e il bisogno di spingere, completamente immersa nel trance. 

La doccia dura un’ora e alla visita successiva l’ostetrica ci fa accomodare in sala parto con una certa fretta perché la testa di Enea è già visibile. In quel momento mi sono ripresa, come quando si vede la cima del monte e la fatica e la stanchezza sono sostituite dall’entusiasmo di essere prossimi alla meta e tutte le energie ritornano.

Finalmente – ho pensato – sto per abbracciare, conoscere e vedere il mio bambino, questione di poco costi quel che costi.

In poche spinte, ben pilotate e controllate tramite la respirazione per evitare lacerazioni, esce la testa e alla spinta successiva seguono spalle e resto del corpo. Liberate le vie respiratorie di Enea me lo mettono, ancora caldo dal mio ventre sul petto. Così piccolo e delicato e leggero come un fragile bimbo di porcellana preziosa. 
Un pianto di gioia liberatorio ci ha preso, ci siamo abbracciati tenendo fra noi il nostro bambino fino  alla fine del secondamento. Poi, per la medicazione, Enea è stato messo in braccio al babbo che con delicatezza lo ha cullato fino a che ci hanno trasferito nella sala post-parto, dove per la prima volta ho offerto il seno al nostro bambino che con un piccolo aiuto si è attaccato e per un paio d’ore siamo stati solo noi tre, incantati ad ammirarci.

Che emozioni meravigliose e indimenticabili.
Di Enea questa è la primissima foto.
Il mio regalo di compleanno più bello! Grazie bimbo e grazie amore.

1 commento:

  1. Ciao Marzia, ho letto ora la tua fantastica esperienza, hai partorito ad Olbia? Io sono di Varese e a giugno parto per la Sardegna per raggiungere mio marito che sarà là a lavorare, con il termine del secondogenito a fine luglio. Vorrei delle dritte su come comportarmi e a chi rivolgermi.
    Ti ringrazio tantissimo
    Chiara

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